“Se sapete che Egli è giusto, sappiate che anche tutti quelli che praticano la giustizia sono nati da Lui. Vedete quale amore ci ha manifestato il Padre, dandoci di essere chiamati figli di Dio, e tali siamo. Per questo il mondo non ci conosce, perché non ha conosciuto Lui.” Giovanni 2:29 – 3:1
In questi versi, Giovanni introduce una nuova sezione. Fin qui abbiamo visto il suo desiderio di farci comprendere una verità fondamentale, che troviamo in 1 Giovanni 1:4
“Vi scriviamo queste cose affinché la vostra gioia sia piena.”
Questo è l’obiettivo di Giovanni nello scrivere questa lettera: trasmettere ciò che ci permette di vivere una gioia piena. È dunque possibile per il cristiano, in questa vita e nelle difficoltà del mondo, avere una gioia piena?
La risposta è sì! Questa è la promessa del Signore: possiamo vivere nella gioia piena.
Nel verso 29, Giovanni introduce un cambiamento, un arricchimento: un passaggio dalla pratica della giustizia alla comprensione della sua origine. Qui leggiamo:
“Se sapete che Egli è giusto, sapete che chiunque pratica la giustizia è nato da Lui.”
Dunque, per praticare la giustizia, bisogna nascere da Lui. Questo è il punto centrale: tutto ciò che abbiamo considerato finora è possibile solo perché siamo nati da Dio.
Giovanni ci dice che il risultato dell’opera di Gesù non è solo avere comunione con Dio, ma essere figli di Dio, essere nati da Dio. Questa è un’affermazione fondamentale: siamo in Cristo, e Cristo è in noi.
Questo concetto sarà presente fino al capitolo 4: l’identità del cristiano è radicata nella sua nascita in Dio. È quindi essenziale fissare questo elemento nei nostri cuori. La pratica della giustizia e della fede non sono solo atti, ma la conseguenza di chi siamo in Cristo.
Non è che una persona, a un certo punto della sua vita, si metta semplicemente a obbedire e a mettere in pratica le parole di Dio autonomamente, per propria volontà. Non è possibile farlo senza una nuova nascita, senza una nuova identità. Se siamo nati da Dio, dobbiamo vivere una certa qualità di vita.
Questo è naturale. Se, invece, viviamo violando deliberatamente i comandamenti di Dio e rinnegando il Signore, non siamo figli di Dio, ma figli del diavolo, persone separate da Dio, opposte a Lui.
Ma cosa significa esattamente essere figli di Dio?
Essere figli implica una relazione speciale con il nostro Genitore, Colui che ci ha dato la vita. È una relazione unica e privilegiata. Noi, però, siamo persone nate in schiavitù, in prigionia. Pensiamo ai bambini nati in carcere: in Italia, mediamente 30-50 bambini nascono da mamme detenute. Crescono fino ai 3 o 6 anni in prigione, senza aver scelto quella condizione, ma semplicemente perché sono nati lì.
Questa è la nostra condizione spirituale. Siamo nati prigionieri a motivo dei nostri progenitori, Adamo ed Eva, che hanno abbandonato la comunione con Dio. Ma avviene un atto giuridico: il Giudice stabilisce che la nostra condanna è pagata da qualcun altro e siamo liberati. Questa è l’opera di Gesù nei nostri confronti. Passiamo così dalla condizione naturale di schiavitù a quella di figli di Dio. Essere chiamati figli di Dio non è solo un nome, ma un’identità, una nuova vita, una nuova interpretazione dell’esistenza.
Essere figli di Dio significa partecipare alla natura divina.
“Voi siete partecipi della natura divina.” 2 Pietro 1:4
È una realtà straordinaria. Gesù stesso esemplifica questo concetto in Giovanni 15, parlando della vite e dei tralci. I tralci ricevono linfa dalla vite, e grazie a questa connessione possono vivere e portare frutto. Così siamo noi: radicati in Cristo, riceviamo la Sua natura e possiamo produrre frutti spirituali.
Essere cristiani non significa semplicemente provare a mettere in pratica i comandamenti, con sforzo personale e volontà umana. Non è un tentativo basato sulle nostre capacità o limiti. Se continuiamo a guardare a noi stessi, falliremo.
Dobbiamo invece ricevere la nuova vita, abbracciare la nostra identità in Cristo, e vivere da figli di Dio, alimentati dalla Sua natura. Noi dobbiamo considerarci per quello che siamo: figli di Dio. Dobbiamo guardare a Dio con certezza e serenità, andare a Lui e ricevere da Lui.
Dobbiamo vivere la nostra natura di figli di Dio e andare a Lui. Ma come è avvenuto questo cambiamento? Cosa ha provocato la nostra nuova nascita?
“Vedete quale amore ci ha manifestato il Padre, dandoci di essere chiamati figli di Dio, e tali siamo.” Giovanni 3:1
Dio ci ha donato il Suo amore, lo ha messo dentro di noi. Dio è amore, e oggi noi possiamo amare perché Egli ci ha dato l’amore. Non perché siamo cresciuti, non perché siamo bravi o ci siamo impegnati. L’amore non lo conoscevamo, lo abbiamo imparato da Dio. Lo viviamo perché Lui ce lo ha donato.
“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.” Matteo 10:8
Ma cosa abbiamo ricevuto? L’amore di Dio, la Sua grazia.
“Amatevi come io ho amato voi.” Giovanni 15:12
Possiamo amare come Lui ha amato. Ma se ci nutriamo di una fede che non ha nulla a che fare con la parola di Dio, non ameremo mai. Se continuiamo a compatirci, senza considerare ciò che Dio ha fatto per noi, non faremo mai passi avanti.
Come possiamo ignorare questo dono? Come possiamo non considerare il privilegio di essere figli di Dio, di essere nutriti dalla Sua parola e dal Suo amore? Se non facciamo frutti, cosa ci sta nutrendo? Dove sono la gioia, l’amore?
Come nel corpo fisico, anche nello spirito ciò che mangiamo determina la nostra salute. Se una persona mangia solo prosciutto crudo, grana e beve vino, il medico gli dirà di cambiare alimentazione. Così, se ci nutriamo di qualcosa che non viene da Dio, il nostro spirito si indebolisce.
“Per questo il mondo non ci conosce, perché non ha conosciuto Lui.” 1 Giovanni 3:1
Il mondo non ci riconosce né ci accoglie. Non ci considera figli di Dio e non ci invita a partecipare alla sua cultura e ai suoi valori. Un insegnante di religione ha detto: “Non si deve parlare della Bibbia.” Eppure, i principi della parola di Dio—amore, libertà, rispetto—sono sani e buoni. Ma vengono rifiutati. Invece, il mondo promuove altri insegnamenti, altre ideologie, altre prospettive.
Ma dobbiamo essere fermi nella nostra identità, vivendo come figli di Dio, alimentati dal Suo amore e dalla Sua parola. Riconoscere la nostra identità in Dio. Il rispetto per gli altri è fondamentale. Tuttavia, questo non significa giustificare la bestemmia, l’offesa o il disprezzo verso Dio o verso le persone. Non dobbiamo giustificarlo né tollerarlo nel senso di accettarlo passivamente.
Pensiamo al contesto in cui visse Gesù: un ambiente estremamente religioso, popolato da farisei, dottori della legge e scribi che conoscevano perfettamente le Scritture. Eppure, non accolsero Gesù. Non lo riconobbero come Figlio di Dio, come Messia. Con tutta la loro conoscenza e il loro intelletto, lo rifiutarono e decretarono che doveva morire.
Se oggi senti la voce di Dio, non indurire il tuo cuore. Non resistere, ma chiedi a Dio di intervenire nella tua vita.
Dio ti benedica! Amen!
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