Poiché questo è il messaggio che avete udito fin dal principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Non come Caino, che era dal maligno e uccise il proprio fratello. Perché lo uccise? Perché le sue opere erano malvagie e quelle di suo fratello erano giuste. Non vi meravigliate, fratelli, se il mondo vi odia. Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia suo fratello è omicida; e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna. Da questo abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noi; anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli. Ma se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede suo fratello nel bisogno e non ha pietà di lui, come potrebbe l’amore di Dio essere in lui? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità. 1 Giovanni 3.11-18
In questo capitolo l’Apostolo Giovanni sollecita i credenti a considerare la prima realtà che li caratterizza: noi che crediamo nel Signore Gesù siamo figli di Dio.
Giovanni ha sottolineato l’importanza di mettere in pratica la Parola di Dio, di fare ciò che Dio dice. Ora, ci sollecita a considerare una seconda qualità importante dei figli di Dio: da una parte l’ubbidienza alla Sua parola, dall’altra la necessità di amare. Amare è una qualità intrinseca dei figli di Dio. Non c’è solo l’importanza di obbedire a Dio, ma dobbiamo amarci gli uni gli altri.
Il fatto di essere figli di Dio presuppone questo amore. Giovanni fa un collegamento diretto: se sei figlio, devi amare. Questo non è un suggerimento, ma una necessità, qualcosa di cui non puoi fare a meno. Se sei un figlio di Dio, la natura di Dio è stata piantata in te e non possiamo fare a meno di amare.
Giovanni ci sollecita, perché forse anche noi siamo lenti nel capire questo, non viviamo l’amore con entusiasmo immediato. Il problema è che spesso siamo concentrati nel coltivare la nostra spiritualità, la nostra relazione con Dio, dimenticando chi ci sta intorno.
Ci preoccupiamo di crescere nella conoscenza di Dio e nell’intimità con Lui, ma trascuriamo il fratello.
Giovanni sottolinea questo controsenso: è inutile dire di amare Dio se non si ama chi ci è vicino, se non si ha cura e attenzione per gli altri.
Questo è ciò che il Signore Gesù ha insegnato a Giovanni, ai discepoli e agli apostoli. Nei capitoli 13-17 del Vangelo di Giovanni, questa importanza di amarsi è ripetuta più volte. In Giovanni 13:34, Gesù dice:
“Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri.”
Non è un suggerimento, ma un comandamento.
Inoltre, la testimonianza che daremo al mondo dipenderà da questo amore.
“Tutti sapranno che siete miei discepoli se avete amore gli uni per gli altri.” Giovanni 13:35
Il modo in cui viviamo e ci rapportiamo con gli altri è il segno distintivo del discepolo. Giovanni ribadisce che questo è il messaggio udito fin dall’inizio.
“Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte” 1 Giovanni 3.14
Questo versetto è il centro e il riassunto di questo testo.
Come si fa a capire se siamo passati dalla morte alla vita? Ami i tuoi fratelli? Sì? Allora sei passato dalla morte alla vita, perché il tuo vissuto manifesta l’amore di Dio.
Il primo segno del credente è quindi la necessità di amare: il cristiano vuole amare, è qualcosa di più forte di lui.
Il secondo elemento importante che Giovanni sottolinea è che l’amore manifesta il carattere di Cristo. Giovanni si adopera per rendere pratico l’amore fraterno, usando situazioni di contrasto per aiutarci a capire.
Nel versetto 10, Giovanni afferma che esistono sole due famiglie nel mondo: i figli del diavolo e i figli di Dio.
Giovanni esplora queste due famiglie per aiutarci a capire cosa le contraddistingue. I figli del diavolo sono rappresentati da Caino, mentre i figli di Dio hanno Cristo come esempio.
Manifestare il carattere di Cristo significa mostrare chi siamo veramente, specialmente in situazioni incontrollate. Pensate all’esempio del bicchiere rovesciato: la nostra reazione in quel momento rivela il nostro vero carattere. Siamo irritati o amorevoli?
Dobbiamo chiederci come viviamo nei confronti degli altri, specialmente degli altri credenti, poiché l’amore, prima di tutto, è tra i credenti. Dobbiamo amarci come Cristo ci ha amati. Questo comandamento ci spinge a essere persone a immagine di Cristo. Possiamo entrare in una relazione amorevole con gli altri solo se l’amore di Cristo ha conquistato la nostra vita. Non possiamo amare da soli; solo in relazione personale con Dio, che è amore, veniamo trasformati in persone amorevoli.
Amare è difficile, ma siamo chiamati a manifestare il carattere di Cristo. Romani 5:8 ci ricorda che “mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”. E Romani 5:10 aggiunge che “mentre eravamo ancora nemici di Cristo, egli ci ha riconciliati con Dio mediante la sua morte”. Gesù Cristo, Dio fatto uomo, ha amato i suoi nemici. Noi, che abbiamo ricevuto la natura di Dio, che siamo nati di nuovo e abbiamo il seme di Dio in noi, non riusciamo ad amare i nostri fratelli?
Dobbiamo chiederci cosa c’è dentro di noi. Se abbiamo ricevuto la vita di Cristo e questa vita vive in noi (non la stiamo soffocando, ma la vogliamo fare emergere), allora vivremo dell’amore di Cristo verso i nostri fratelli. Dobbiamo riflettere su cosa esprimiamo con il nostro carattere, specialmente nelle situazioni in cui non possiamo controllarci.
Un altro segno molto importante che caratterizza i segni del cristiano, oltre alla necessità di amare e alla manifestazione del carattere di Cristo, è morire a se stessi. Questo è un elemento fondamentale per amare e manifestare il carattere di Cristo.
Giovanni ci offre l’esempio di Caino, che rappresenta i figli del diavolo. In Caino vediamo caratteristiche della sua persona e del suo modo di vivere che ci aiutano a capire chi ci circonda, ma anche da dove veniamo, poiché eravamo “in Caino” prima che Dio ci desse una nuova vita.
Caino, invece di amare suo fratello, era dominato dall’odio verso di lui. Al centro del suo odio c’era il dispiacere per la giustizia delle opere di Abele e la malvagità delle proprie. Egli visse un forte combattimento interiore. Il Signore gli disse in Genesi 4:7:
“il peccato ti sta spiando alla porta; i suoi desideri sono rivolti contro di te, ma tu dominalo.”
Ma Caino rifiutò questa Parola di Dio, andando avanti per la sua strada e vivendo nella sua ribellione.
Quante volte il Signore, nella sua grazia, ci parla e ci dice: “Fermati, la tua vita sta andando verso la morte.” La ribellione e il rifiuto di riconoscere l’autorità di Dio caratterizzano Caino. Caino manifesta l’interesse per sé stesso; non gli importa di ciò che Dio dice, della vita di suo fratello o dei suoi genitori. Gli interessa solo sé stesso, in una vita fatta di volontà propria e ricerca di autosoddisfazione.
Questo caratterizza anche il “capo” di questa famiglia, Satana, che ha vissuto lo stesso desiderio di non adorare Dio, ma di mettersi sul trono. Caino rappresenta il desiderio di vivere la vita in totale indipendenza, secondo ciò che piace a sé stessi, senza privazioni. La nostra società ci spinge a essere completamente indipendenti da tutto e da tutti, a fare ciò che ci pare. Questo atteggiamento caratterizza le guerre e i conflitti nel mondo, che nascono da interessi personali, politici e di potere.
Dobbiamo morire a noi stessi, lasciare che la vita di Cristo viva in noi. Non “io, io, secondo me,” ma “Dio mi parla, la Sua parola mi guida.” Il segno del discepolo è amare, esprimere il carattere di Cristo e morire a se stessi, perché solo così possiamo amare i nostri fratelli.
Giovanni è molto chiaro: ciò che facciamo e come viviamo manifesta chi siamo. Se abbiamo dentro di noi la natura di Cristo e la coltiviamo, il nostro comportamento lo dimostrerà. Non c’è bisogno di inventare nulla; se ci curiamo di vivere ciò che Cristo ha impiantato in noi, lo vivremo. Tutte le qualità e caratteristiche di Caino – odio, gelosia, invidia, malizia, critica fine a se stessa – svaniranno piano piano dalla nostra vita. Non ci caratterizzeranno più.
Il Signore sottolinea in modo molto forte questo aspetto del vivere la nostra nuova natura e manifestare il nostro carattere.
“chiunque si arrabbia contro suo fratello sarà sottoposto al tribunale.” Matteo 5:22
Per il Signore, l’ira contro il fratello ha la stessa condanna dell’omicidio, perché hai ucciso il fratello nel tuo cuore. Non lo sopporti, speri che se ne vada, non vuoi vederlo. Per il Signore, è come se tu lo avessi ucciso.
“Da questo abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noi. Anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli.” 1 Giovanni 3.16
Questo è molto concreto: dare la nostra vita per i fratelli, rendere manifeste le nostre azioni. L’amore è disposto a darsi per l’altro, senza considerare il costo o aspettarsi qualcosa in cambio. Se diciamo: “Ho fatto questo per lui, e lui neanche mi saluta,” e non vogliamo più aiutarlo, stiamo esprimendo la natura di Caino, non stiamo onorando Dio.
“soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa; l’amore non verrà mai meno” 1 Corinzi 13:7-8
Queste parole devono accompagnarci. L’amore sopporta, soffre, spera continuamente che l’altro stia bene e non finisce mai.
Tutto questo è molto difficile, non è qualcosa di facile. Se siamo onesti, potremmo chiederci: “Sono davvero un cristiano?” Potremmo ammettere che non ci piacciono certe persone, ma ci viene detto che se non le amiamo, non siamo veri cristiani.
Dobbiamo fare una distinzione importante tra amare e apprezzare. Noi non siamo chiamati ad apprezzare i nostri fratelli, ma ad amarli.
Apprezzare è qualcosa di naturale, istintivo, un coinvolgimento emotivo superficiale. Possiamo valutare positivamente una situazione, un modo di fare, o gradire qualcosa “a pelle”. Questo tipo di relazione è caratterizzata dall’apprezzamento: ci si ferma alle qualità superficiali (simpatico, non simpatico, gentile, scorbutico, ecc.).
Amare è tutta un’altra cosa. Dobbiamo pensare all’amore nei termini di Dio. Dio è amore, e l’amore non è istintivo. L’amore è qualcosa che entra nella persona che abbiamo davanti; è profondo, non superficiale. L’amore supera tutti gli ostacoli perché vede oltre l’apparenza, vede la persona che c’è dietro, chi sei tu veramente, non solo ciò che mostri o i tuoi difetti. Dobbiamo imitare Dio. Cosa vedeva Dio in noi per amarci al punto di dare il Suo unico Figlio? Dio vedeva oltre il nostro comportamento, le nostre parole, i nostri modi; penetrava oltre la bruttezza e la mancanza di apprezzamento.
L’amore è intelligente, pensa. Dio ci dice di amare l’altro, non di fermarci all’apparenza, ai comportamenti o ai modi di fare. Ci dice di conoscere l’altro, chi è veramente.
La Bibbia non ci chiede di apprezzare, ci chiede di amare, di andare in profondità, di superare ciò che ci piace o non ci piace.
“Se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede il suo fratello nel bisogno e non ha pietà di lui, come potrebbe l’amore di Dio essere in lui?” 1 Giovanni 3.17
Se abbiamo beni e un fratello è in difficoltà, ma pensiamo solo: “Preghiamo che il Signore provveda, io i miei beni me li tengo,” allora Giovanni dice che siamo ipocriti.
Ci illudiamo di amare il fratello, ma l’esempio nella Parola di Dio è di uomini e donne che facevano a gara per vendere ciò che avevano affinché tutti avessero il necessario.
Lui ha preso l’iniziativa, non ha detto: “Sono il Figlio di Dio, fate come dico io.” No, Lui ha visto la nostra incapacità di salvarci, la nostra condanna. Dio è venuto per dare la Sua vita, preoccupato per la nostra salvezza.
Se Lui ha fatto questo per noi, e noi diciamo che il Suo amore è in noi, allora dobbiamo fare lo stesso per i nostri fratelli. Altrimenti, siamo bugiardi.
Pensiamo a ciò che Dio ci ha dato, a chi ha messo intorno a noi nella Chiesa. Amiamoci gli uni gli altri come Dio ci ha amati. Cosa ha fatto Dio? Ha dato Se stesso, ha rinunciato alla Sua gloria, è venuto sulla terra per subire bastonate e la crocifissione. Quanto ha dato per noi!
Riflettiamo su queste cose. Non sono semplici o banali, ma abbiamo tutti gli elementi per poterle vivere, non perché ce lo diciamo tra di noi, ma perché lo dice il Signore. Lui dice: “Potete amarvi gli uni gli altri, lo potete fare.”
Pensiamo a cosa sia l’amore, non l’apprezzamento. L’apprezzamento è superficiale, ma Giovanni ci dice di lasciare stare l’apprezzamento e di amare, di andare oltre, di entrare nella vita della persona.
Procediamo a dimostrare che possediamo questo amore, amandoci gli uni gli altri, non a parole, non con la lingua, ma con i fatti e nella verità.
Che Dio ci aiuti!
Presto apriremo la nostra sala studio, dotata di tavoli per il lavoro di gruppo e Wi-Fi a disposizione.
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